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Autoritratto, 1792 |
Antonio Canova nasce a Possagno, in provincia di Treviso il 1
novembre 1757. Quando ha solo 4 anni suo padre muore e la madre si risposa con
un altro uomo: Francesco Sartori. Il Piccolo Antonio viene così affidato alle
cure del nonno paterno Pasino, un abile tagliatore di pietre e scultore che con
il suo comportamento severo insegnò al giovane Canova come approcciarsi al
marmo. Per lo scultore il nonno fu sempre un punto di riferimento. Grazie alle
sue possibilità economiche nel 1777 Canova poté aprirsi un nuovo studio più
ampio a San Maurizio, dove l'anno successivo fu impegnato nella realizzazione
del gruppo raffigurante Dedalo e Icaro, su commissione del procuratore Pietro Vettor
Pisani. Gli venne addirittura offerta una cattedra d'insegnamento: Canova,
tuttavia, non accettò, in quanto aveva da tempo maturato il desiderio di
recarsi a Roma per perfezionare la propria arte. Nel 1804, con l'inizio del
periodo napoleonico Canova viene scelto come ritrattista ufficiale
dall'imperatore, per il quale realizza varie opere. Muore il 13 ottobre 1822 a
Venezia e il suo corpo è conservato nel tempio canoviano a Possagno, un
edificio neoclassico progettato dello scultore stesso.
Tecnica scultorea:
Senza compiere troppi giri di parole, Il metodo di lavoro di
Canova è dettagliatamente riportato in un passo delle Memorie di Francesco
Hayez, il pittore italiano più importante del Romanticismo:
“Il Canova faceva in creta il suo modello; poi gettatolo in
gesso, affidava il blocco a' suoi giovani studenti perché lo sbozzassero e
allora cominciava l'opera del gran maestro. Essi portavano le opere del maestro
a tal grado di finitezza che sì sarebbero dette terminate: ma dovevano
lasciarvi ancora una piccola grossezza di marmo, la quale era poi lavorata da
Canova più o meno secondo quello che questo illustre artista credeva dover
fare. Lo studio si componeva di molti locali, tutti pieni di modelli e di
statue, e qui era permessa a tutti l'entrata. Il Canova aveva una camera
appartata, chiusa ai visitatori, nella quale non entravano che coloro che
avessero ottenuto uno speciale permesso. Egli indossava una specie di veste da
camera, portava sulla testa un berretto di carta: teneva sempre in mano il martello
e lo scalpello anche quando riceveva le visite; parlava lavorando, e di tratto
interrompeva il lavoro, rivolgendosi alle persone con cui discorreva”
Vediamo ora, la sue opera più rappresentativa:
Canova, per la realizzazione di questa scultura si ispirò ad
un affresco di Ercolano raffigurante una baccante abbracciata da un fauno. Si Tratta
di una scultura in marmo bianco del 1788, è oggi conservata al Louvre di
Parigi. Canova scolpì nel marmo uno dei momenti più belli dell'Asino d'Oro di
Lucio Apuleio, il romanzo del II secolo d.C. nel quale è narrata la favola di
Amore e Psiche: Psiche era una fanciulla incredibilmente seducente che scatenò
le gelosie della dea Venere che, invidiosa della bellezza di quella che alla
fine era solo una mortale, decise di vendicarsi con l'aiuto del figlio Amore,
il quale avrebbe dovuto farla innamorare di un uomo rozzo e orrendo che non ricambiasse
il suo amore. Tuttavia, appena Amore prese visione della bellezza celestiale di
Psiche, se ne invaghì perdutamente, e decise con l'aiuto di Zefiro di
trasportarla nel proprio palazzo. Lì Psiche trascorse con Amore momenti d’amore
meravigliosi , senza tuttavia poter guardare il volto dell'amante: Amore,
infatti, non rivelò mai la propria identità, per evitare la furibonda ira della
dea Venere (Che era sua madre). Con tutto ciò, eccitata dalle sorelle, Psiche
venne meno al patto e vide il volto dell'uomo che le travolgeva i sensi: in
seguito a ciò Amore, preso dall'indignazione, si allontanò da Psiche, che fu
gettata nello sconforto più totale. Nella scultura è rappresentato l’attimo in
cui le due labbra stanno per sfiorarsi in una maniera così docile e divina, che
quasi ci si dimentica che l’opera sia di marmo. Da notare la figura a Chiasmo
(termine greco che indica la lettera X). Così come in tutte le sue opere Canova
si dimostra assai sensibile all'influenza della statuaria greca classica,
mostrandosene debitore per l'equilibrio della composizione, per questo veniva
infatti chiamato “Il nuovo Fidia”.
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